Tuesday, June 5, 2012
Monday, June 4, 2012
In occasione della consegna dei diplomi conseguiti dagli allievi del Master di secondo livello per «Esperti in Politica e Relazioni Internazionali» alla Libera Università MariaSantissima Assunta è stato presentato il primo numero della rivista quadrimestrale «Res Publica» edita da Rubbettino e diretta da Giuseppe Ignesti. Il numero è prevalentemente dedicato alla figura e al pensiero di John Henry Newman. L'Osservatore Romano ha pubblicato stralci di uno degli articoli.
di MATTHEW FORDE
Negli ultimi decenni si è assistito a un costante interesse intorno a John Henry Newman (1801- 1890), e si è intensificata la ricerca sulla vita e l’opera di quello che può essere considerato il più famoso convertito inglese al cattolicesimo degli ultimi due secoli. Il dibattito si è focalizzato sulle sue multiformi qualità di filosofo, teologo, pensatore, accademico, scrittore, poeta, autore di una autobiografia, agiografo, teorico dell’università, predicatore, tanto per citare le più evidenti. Tuttavia, ci si potrebbe avvicinare a lui anche da un altro punto di vista, per comprenderlo da un’altra prospettiva: Newman guida, e spesso ispira, una linea particolare di membri dell’alta cultura inglese che dalla metà del XIX secolo in poi si sono convertiti a Roma, e questo in un Paese che non solo ha avuto una forte eredità protestante e dove il cattolicesimo era di gran lunga una forza minoritaria, ma che nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, ha subìto un processo molto intenso di secolarizzazione. Nella valutazione di questo filone eccezionale incontriamo un gruppo di intellettuali e scrittori di notevole valore che hanno costituito una caratteristica speciale del moderno panorama culturale britannico. Da un punto di vista storico, dunque, Newman, uomo di alta cultura, era un convertito in mezzo a convertiti dello stesso genere, ed esplorando le figure chiave di questo filone, di cui fu probabilmente l’esempio più significativo, notiamo una categoria storica alla quale apparteneva. Si può dare una categorizzazione specifica di Newman. Possiamo considerare figure come Robert Hugh Benson, Gilbert Keith Chesterton, Christopher Dawson, John Henry Gray, Gerard Manley Hopkins, Siegfried Sassoon, Muriel Spark e Evelyn Waugh. Che cosa hanno in comune? Qual era il loro vero significato storico come gruppo? Per cominciare, alcune osservazioni introduttive. In primo luogo, è necessario collocare questo filone nel proprio contesto religioso. La Gran Bretagna del XIX secolo aveva una forte eredità protestante, benché composta di diverse denominazioni. Nel 1851 uno speciale censimento religioso evidenziava che forse la metà della popolazione di Inghilterra e Galles dai dieci anni in su era andata alla celebrazione di domenica 30 marzo dello stesso anno. Non conformisti e anglicani divisi grosso modo in parti eguali, con i cattolici che costituivano il 4 per cento di questa categoria. Ma il XX secolo è stato un periodo di declino. Ad esempio, se nel 1920 il 23 per cento circa della popolazione adulta partecipava attivamente alle Chiese protestanti della Gran Bretagna, questa cifra era scesa a circa il 18 per cento intorno al 1945; e nel 2005 solo 3,2 milioni di persone in Inghilterra (ben al di sotto del 10 per cento della popolazione) andavano regolarmente in chiesa la domenica. Diminuiscono i matrimoni religiosi, la frequenza alla Scuola di Domenica, o l’importanza della religione nella politica e nella fedeltà ai partiti, e sono tutti ulteriori fenomeni nel processo di decristianizzazione, che sembra essersi intensificata con il passare del XX secolo. In secondo luogo, in Gran Bretagna nel corso del XIX e del XX secolo studiosi, intellettuali, scrittori e giornalisti vivevano in un Paese che forniva loro un clima radicato di libertà di espressione. Tale libertà, che godeva di popolarità trasversale, risaliva indietro nel tempo e costituiva un fondamento essenziale per il progresso della democratizzazione a livello locale e nazionale negli anni 1832-1918. La crescita di una democrazia liberale, aliena da regimi assolutisti, autoritari e totalitari, aveva dato al Regno Unito un profilo molto particolare in Occidente. Polizia segreta, censura politica, liste proibite, e altri fenomeni del genere, ben noti nel continente europeo, brillavano per la loro assenza in Gran Bretagna. Questa libertà era essenziale per lo sviluppo della scrittura nelle isole britanniche e ne costituiva uno stimolo naturale. L’enorme produzione di pubblicazioni accademiche, la marea di giornalismo, l’effusione di romanzi, la produzione massiccia di poesia, autobiografia, racconti, libri di viaggio, diari e tutto il resto ha avuto luogo in un contesto che conferiva libertà a coloro che volevano scrivere. La vivacità e la vitalità della cultura alta — alla quale questi cattolici convertiti appartenevano — in Gran Bretagna nel corso degli ultimi duecento anni è stata favorita da ciò che era realmente un «valore nazionale ». Infine, vivacità e vitalità simili erano anche diretto risultato del raggiungimento di elevati livelli di istruzione. Una caratteristica del protestantesimo in Gran Bretagna a partire dalla Riforma è stata l’impulso che ha dato all’istruzione. Il desiderio di far avere accesso diretto allaBibbia portò con sé l’esigenza di far leggere e scrivere le persone, e dalla prima parte del XIX secolo, anche a causa di questo impulso, i britannici sono stati uno dei popoli più alfabetizzati in Europa. La ricerca sui membri più in vista del filone dei convertiti britannici di cultura alta al cattolicesimo nel corso degli ultimi 150 anni mette bene in vista la loro eterogeneità: di provenienza operaia, dalla classe media e alta (pure con sfumature e colori diversi); politicamente, a sinistra, centro e destra; di origini gallesi, scozzesi e inglesi; spaziando dalla presenza agli occhi dell’opinione pubblica fin quasi alla solitudine; membri del clero e membri del laicato; nato in una varietà di origini religiose; di sensibilità varie e forme di espressione intellettuali e artistiche; alcuni erano stati militari e altri non lo erano stati, alcuni erano legati all’estetismo e altri non lo erano. Eppure, nonostante l’evidente diversità, ciò che unisce questo gruppo è il loro impegno per il cattolicesimo e il loro desiderio di promuovere, implicitamente o esplicitamente, il cristianesimo attraverso la cultura alta, nella quale — e in questo senso non è un caso che fossero britannici — erano profondamente impegnati. Questo era, naturalmente, un preciso obiettivo del cardinale Newman, ed è un elemento ricorrente in questi scrittori e pensatori la sua ammirazione. E per quanto riguarda l’imp ortanza della cultura alta per Newman vale la pena di ricordare la sua The Idea of a University Defined and Illustrated (1873), che sottolineava l’importanza di formare la mente, piuttosto che di impartire conoscenze utili; del primato dell’insegnamento sulla ricerca, e dell’apprendimento della teologia e il valore del sistema tutoriale: quasi un manifesto per la produzione di alta cultura di ispirazione cristiana. Un’altra figura di riferimento in questo senso, per questi cattolici convertiti, fu Lord Acton (1834-1902), membro di un’antica famiglia cattolica di proprietari terrieri, per un po’ di tempo deputato liberale (1859-1865), scrittore di religione, politica e storia, che divenne Regius Professor di Storia moderna presso l’università di Cambridge nel 1895. Nelle sue Lectures on Modern History (1906), che includevano la lezione inaugurale, espose idee su questo ramo della cultura alta (va notato che le discipline storiche sono state molto sviluppate dagli inglesi durante il XVIII e XIX secolo — si pensi a Gibbon, Macaulay, Carlyle e a Froude) con i quali Newman sarebbe andato certamente d’a c c o rd o . Nella loro convinzione della promozione del cristianesimo attraverso la cultura alta questi convertiti cattolici si misero in collegamento con un filone di altri autori cristiani che avevano esattamente lo stesso obiettivo. Il pensiero va, ovviamente, a Dickens (1812-1870), i cui romanzi erano un chiaro prodotto della mentalità protestante radicale; a Christina Rossetti, anglicana e autrice di poesia religiosa di altissima qualità; Belloc, cattolico di nascita, che andò in parallelo, e talora prese parte, a molte delle attività di Chesterton; Lewis (1898-1963), accademico di Oxford e anglicano, che aveva una particolare considerazione della comunicazione della fede cristiana ai giovani, come il suo Romanzi di Narnia, il suo amico, Tolkien (1892-1973), accademico di Oxford cattolico di nascita, che sottolineava come la sua opera più nota, Il Signore degli Anelli (1954-1955), fosse fondamentalmente religiosa e cattolica nel carattere, e soprattutto di Eliot, convertito all’anglicanesimo (e alla sua corrente anglo- cattolica). La cosa particolarmente interessante di Eliot, in questo senso (e qui rimanda a Newman) è che in una serie di opere (After Strange Gods, 1934; The Idea of a Christian Society, 1940; Notes Towards the Definition of Culture , 1948) teorizzò la promozione della cultura cristiana (e la conservazione del patrimonio cristiano) attraverso il lavoro dei membri della cultura alta come lui. Ma quel che più conta in tutto questo sforzo è che questi membri dell’intellighenzia cristiana britannica stavano andando contro la corrente storica. Di questo, naturalmente, Eliot stesso era ben consapevole, e nel suo poema The Waste Land (1922) rilevò ciò che la modernità e le sue dinamiche anti-cristiane avevano in serbo. Anzitutto, come molti di questi cattolici convertiti ripetutamente sottolineavano, la società britannica e occidentale si allontanavano dalle radici cristiane: si trovavano a operare in una cultura generale che abbandonava sempre più la religione. In secondo luogo, la cultura alta in sé stava diventando sempre più secolarizzata. Quel che realmente colpisce l’obiettivo osservatore britannico dell’intellighenzia artistica non è soltanto come i suoi membri siano sempre più non-cristiani, ma anche come producano gruppi decisamente anti-cristiani. Se si osservano i membri del movimento romantico (Shelley, Byron), il Bloomsbury Group , il gruppo Auden degli anni Trenta, l’Angry Young Men degli anni Cinquanta, i sostenitori della contro-cultura degli anni Sessanta, o gli scrittori della postmodernità di oggi, si incontrano scrittori che hanno creduto nel ripudio e nello smantellamento del patrimonio cristiano. È chiaro che in questo essi stessi hanno contribuito in maniera importante alla secolarizzazione della società britannica. Da questo punto di vista, il vero significato storico di Newman e dei più importanti convertiti britannici cattolici che gli hanno fatto seguito nel suo filone, è che essi erano sostenitori della cultura alta, in uno dei Paesi più altamente istruiti e liberi del mondo, che come forza di minoranza, senza successo, cercarono di arrestare quello che probabilmente costituiva il più importante sviluppo culturale dei tempi moderni: la decristianizzazione.
© Osseravtore Romano - 30 maggio 2012
di MATTHEW FORDE
Negli ultimi decenni si è assistito a un costante interesse intorno a John Henry Newman (1801- 1890), e si è intensificata la ricerca sulla vita e l’opera di quello che può essere considerato il più famoso convertito inglese al cattolicesimo degli ultimi due secoli. Il dibattito si è focalizzato sulle sue multiformi qualità di filosofo, teologo, pensatore, accademico, scrittore, poeta, autore di una autobiografia, agiografo, teorico dell’università, predicatore, tanto per citare le più evidenti. Tuttavia, ci si potrebbe avvicinare a lui anche da un altro punto di vista, per comprenderlo da un’altra prospettiva: Newman guida, e spesso ispira, una linea particolare di membri dell’alta cultura inglese che dalla metà del XIX secolo in poi si sono convertiti a Roma, e questo in un Paese che non solo ha avuto una forte eredità protestante e dove il cattolicesimo era di gran lunga una forza minoritaria, ma che nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, ha subìto un processo molto intenso di secolarizzazione. Nella valutazione di questo filone eccezionale incontriamo un gruppo di intellettuali e scrittori di notevole valore che hanno costituito una caratteristica speciale del moderno panorama culturale britannico. Da un punto di vista storico, dunque, Newman, uomo di alta cultura, era un convertito in mezzo a convertiti dello stesso genere, ed esplorando le figure chiave di questo filone, di cui fu probabilmente l’esempio più significativo, notiamo una categoria storica alla quale apparteneva. Si può dare una categorizzazione specifica di Newman. Possiamo considerare figure come Robert Hugh Benson, Gilbert Keith Chesterton, Christopher Dawson, John Henry Gray, Gerard Manley Hopkins, Siegfried Sassoon, Muriel Spark e Evelyn Waugh. Che cosa hanno in comune? Qual era il loro vero significato storico come gruppo? Per cominciare, alcune osservazioni introduttive. In primo luogo, è necessario collocare questo filone nel proprio contesto religioso. La Gran Bretagna del XIX secolo aveva una forte eredità protestante, benché composta di diverse denominazioni. Nel 1851 uno speciale censimento religioso evidenziava che forse la metà della popolazione di Inghilterra e Galles dai dieci anni in su era andata alla celebrazione di domenica 30 marzo dello stesso anno. Non conformisti e anglicani divisi grosso modo in parti eguali, con i cattolici che costituivano il 4 per cento di questa categoria. Ma il XX secolo è stato un periodo di declino. Ad esempio, se nel 1920 il 23 per cento circa della popolazione adulta partecipava attivamente alle Chiese protestanti della Gran Bretagna, questa cifra era scesa a circa il 18 per cento intorno al 1945; e nel 2005 solo 3,2 milioni di persone in Inghilterra (ben al di sotto del 10 per cento della popolazione) andavano regolarmente in chiesa la domenica. Diminuiscono i matrimoni religiosi, la frequenza alla Scuola di Domenica, o l’importanza della religione nella politica e nella fedeltà ai partiti, e sono tutti ulteriori fenomeni nel processo di decristianizzazione, che sembra essersi intensificata con il passare del XX secolo. In secondo luogo, in Gran Bretagna nel corso del XIX e del XX secolo studiosi, intellettuali, scrittori e giornalisti vivevano in un Paese che forniva loro un clima radicato di libertà di espressione. Tale libertà, che godeva di popolarità trasversale, risaliva indietro nel tempo e costituiva un fondamento essenziale per il progresso della democratizzazione a livello locale e nazionale negli anni 1832-1918. La crescita di una democrazia liberale, aliena da regimi assolutisti, autoritari e totalitari, aveva dato al Regno Unito un profilo molto particolare in Occidente. Polizia segreta, censura politica, liste proibite, e altri fenomeni del genere, ben noti nel continente europeo, brillavano per la loro assenza in Gran Bretagna. Questa libertà era essenziale per lo sviluppo della scrittura nelle isole britanniche e ne costituiva uno stimolo naturale. L’enorme produzione di pubblicazioni accademiche, la marea di giornalismo, l’effusione di romanzi, la produzione massiccia di poesia, autobiografia, racconti, libri di viaggio, diari e tutto il resto ha avuto luogo in un contesto che conferiva libertà a coloro che volevano scrivere. La vivacità e la vitalità della cultura alta — alla quale questi cattolici convertiti appartenevano — in Gran Bretagna nel corso degli ultimi duecento anni è stata favorita da ciò che era realmente un «valore nazionale ». Infine, vivacità e vitalità simili erano anche diretto risultato del raggiungimento di elevati livelli di istruzione. Una caratteristica del protestantesimo in Gran Bretagna a partire dalla Riforma è stata l’impulso che ha dato all’istruzione. Il desiderio di far avere accesso diretto allaBibbia portò con sé l’esigenza di far leggere e scrivere le persone, e dalla prima parte del XIX secolo, anche a causa di questo impulso, i britannici sono stati uno dei popoli più alfabetizzati in Europa. La ricerca sui membri più in vista del filone dei convertiti britannici di cultura alta al cattolicesimo nel corso degli ultimi 150 anni mette bene in vista la loro eterogeneità: di provenienza operaia, dalla classe media e alta (pure con sfumature e colori diversi); politicamente, a sinistra, centro e destra; di origini gallesi, scozzesi e inglesi; spaziando dalla presenza agli occhi dell’opinione pubblica fin quasi alla solitudine; membri del clero e membri del laicato; nato in una varietà di origini religiose; di sensibilità varie e forme di espressione intellettuali e artistiche; alcuni erano stati militari e altri non lo erano stati, alcuni erano legati all’estetismo e altri non lo erano. Eppure, nonostante l’evidente diversità, ciò che unisce questo gruppo è il loro impegno per il cattolicesimo e il loro desiderio di promuovere, implicitamente o esplicitamente, il cristianesimo attraverso la cultura alta, nella quale — e in questo senso non è un caso che fossero britannici — erano profondamente impegnati. Questo era, naturalmente, un preciso obiettivo del cardinale Newman, ed è un elemento ricorrente in questi scrittori e pensatori la sua ammirazione. E per quanto riguarda l’imp ortanza della cultura alta per Newman vale la pena di ricordare la sua The Idea of a University Defined and Illustrated (1873), che sottolineava l’importanza di formare la mente, piuttosto che di impartire conoscenze utili; del primato dell’insegnamento sulla ricerca, e dell’apprendimento della teologia e il valore del sistema tutoriale: quasi un manifesto per la produzione di alta cultura di ispirazione cristiana. Un’altra figura di riferimento in questo senso, per questi cattolici convertiti, fu Lord Acton (1834-1902), membro di un’antica famiglia cattolica di proprietari terrieri, per un po’ di tempo deputato liberale (1859-1865), scrittore di religione, politica e storia, che divenne Regius Professor di Storia moderna presso l’università di Cambridge nel 1895. Nelle sue Lectures on Modern History (1906), che includevano la lezione inaugurale, espose idee su questo ramo della cultura alta (va notato che le discipline storiche sono state molto sviluppate dagli inglesi durante il XVIII e XIX secolo — si pensi a Gibbon, Macaulay, Carlyle e a Froude) con i quali Newman sarebbe andato certamente d’a c c o rd o . Nella loro convinzione della promozione del cristianesimo attraverso la cultura alta questi convertiti cattolici si misero in collegamento con un filone di altri autori cristiani che avevano esattamente lo stesso obiettivo. Il pensiero va, ovviamente, a Dickens (1812-1870), i cui romanzi erano un chiaro prodotto della mentalità protestante radicale; a Christina Rossetti, anglicana e autrice di poesia religiosa di altissima qualità; Belloc, cattolico di nascita, che andò in parallelo, e talora prese parte, a molte delle attività di Chesterton; Lewis (1898-1963), accademico di Oxford e anglicano, che aveva una particolare considerazione della comunicazione della fede cristiana ai giovani, come il suo Romanzi di Narnia, il suo amico, Tolkien (1892-1973), accademico di Oxford cattolico di nascita, che sottolineava come la sua opera più nota, Il Signore degli Anelli (1954-1955), fosse fondamentalmente religiosa e cattolica nel carattere, e soprattutto di Eliot, convertito all’anglicanesimo (e alla sua corrente anglo- cattolica). La cosa particolarmente interessante di Eliot, in questo senso (e qui rimanda a Newman) è che in una serie di opere (After Strange Gods, 1934; The Idea of a Christian Society, 1940; Notes Towards the Definition of Culture , 1948) teorizzò la promozione della cultura cristiana (e la conservazione del patrimonio cristiano) attraverso il lavoro dei membri della cultura alta come lui. Ma quel che più conta in tutto questo sforzo è che questi membri dell’intellighenzia cristiana britannica stavano andando contro la corrente storica. Di questo, naturalmente, Eliot stesso era ben consapevole, e nel suo poema The Waste Land (1922) rilevò ciò che la modernità e le sue dinamiche anti-cristiane avevano in serbo. Anzitutto, come molti di questi cattolici convertiti ripetutamente sottolineavano, la società britannica e occidentale si allontanavano dalle radici cristiane: si trovavano a operare in una cultura generale che abbandonava sempre più la religione. In secondo luogo, la cultura alta in sé stava diventando sempre più secolarizzata. Quel che realmente colpisce l’obiettivo osservatore britannico dell’intellighenzia artistica non è soltanto come i suoi membri siano sempre più non-cristiani, ma anche come producano gruppi decisamente anti-cristiani. Se si osservano i membri del movimento romantico (Shelley, Byron), il Bloomsbury Group , il gruppo Auden degli anni Trenta, l’Angry Young Men degli anni Cinquanta, i sostenitori della contro-cultura degli anni Sessanta, o gli scrittori della postmodernità di oggi, si incontrano scrittori che hanno creduto nel ripudio e nello smantellamento del patrimonio cristiano. È chiaro che in questo essi stessi hanno contribuito in maniera importante alla secolarizzazione della società britannica. Da questo punto di vista, il vero significato storico di Newman e dei più importanti convertiti britannici cattolici che gli hanno fatto seguito nel suo filone, è che essi erano sostenitori della cultura alta, in uno dei Paesi più altamente istruiti e liberi del mondo, che come forza di minoranza, senza successo, cercarono di arrestare quello che probabilmente costituiva il più importante sviluppo culturale dei tempi moderni: la decristianizzazione.
© Osseravtore Romano - 30 maggio 2012
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