Intervista in esclusiva dal Meeting di Rimini
“L’Inghilterra è uno dei paesi più secolarizzati d’Europa, e Benedetto XVI è molto preoccupato dalla secolarizzazione, di cui lo scollamento tra fede e ragione è una delle dimensioni più significative”. Per questo il Papa ci andrà per beatificare il cardinale Newman. Lo spiega al Foglio monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, che a Rimini è venuto a parlare proprio di Newman.
Essere arcivescovo di Dublino di questi tempi non è mestiere per gente facilmente impressionabile, né per chi abbia un parlare che non sia l’evangelico “sì sì, no no”. Monsignor Martin ricopre quella carica dal 2004 e ha sempre parlato chiaro sulla situazione della chiesa irlandese anche in relazione agli scandali sulla pedofilia. “Va sottolineato senza ambiguità – ha detto parlando ieri al Meeting – che lo scandalo dell’abuso sessuale di bambini da parte di sacerdoti e religiosi in Irlanda è veramente uno scandalo e non un’invenzione dei media”. Una chiesa irlandese da ricostruire, un paese che “ha bisogno sia di laici e atei maturi che di cristiani maturi”. Martin era a Rimini già da lunedì. Ieri si è seduto sul palco e ha parlato di fede e ragione nell’opera di Newman, il teologo anglicano del XIX secolo convertitosi al cattolicesimo che Benedetto XVI farà beato tra poche settimane.
La sua relazione è stata anche l’occasione per parlare dell’Irlanda di allora (gli anni intorno al 1850, quando John Henry Newman cercò di dirigere la prima Università cattolica di Dublino) e quella di oggi. Newman, chiamato dal cardinale Paul Cullen a essere rettore dell’Ateneo in via di formazione, non riuscì a far decollare il progetto, che fallì pochi anni dopo (tanto che nella cattolica Dublino ancora oggi non c’è un’Università cattolica). Le cause del fallimento furono diverse (la carestia che colpì il paese proprio in quegli anni, la resistenza delle autorità britanniche, il fatto che le lauree di un istituto privato non venissero riconosciute), ma tra queste Martin ne ha sottolineata una in particolare: la mancanza di unità della chiesa irlandese. “Pensate che sia un problema di questi tempi – ha detto – ma come vedete è storia”. Newman lasciò la carica di rettore nel 1858, ma ciò non gli impedì di lasciare la sua idea di Università, secondo lui fondata sul rapporto tra ragione e fede.
Nulla di più vicino al pensiero di Joseph Ratzinger, spiega l’arcivescovo Martin dialogando con il Foglio e commentando anche il prossimo viaggio del Papa nel Regno Unito: “Il bene della società richiede una riflessione sulle questioni di Dio. Purtroppo oggi molte persone non hanno neanche la capacità di porsi questa domanda, non hanno la struttura razionale per farlo”. Qui sta allora l’importanza del pensiero di Newman per Martin, che il Papa andrà a ribadire: “Ci sono cose scritte da Newman 150 anni fa sul dramma della società moderna che sembrano scritte oggi, come un articolo del 1855 in cui il cardinale spiegava che ‘una delle più grandi calamità dell’epoca moderna è la separazione tra religione e scienza’”. Chi sono i veri destinatari del viaggio del Pontefice? “Credo che il Papa voglia spingere la chiesa ad affrontare la questione dell’indifferenza dell’occidente nei confronti della fede”. Una beatificazione che potrebbe essere di esempio soprattutto alle gerarchie ecclesiastiche, dunque. Il pensiero del cardinale Newman, come ha spiegato il professore della Lumsa Onorato Grassi introducendo l’incontro di Martin, “ha sofferto fino a qualche anno fa”. Quasi dimenticato, è stato rilanciato, almeno in Italia, anche grazie all’opera del fondatore di Cl don Luigi Giussani. Prova ne è la grande quantità di scritti del grande convertito inglese presenti sugli scaffali della libreria del Meeting in questi giorni, secondo per titoli forse al solo Giussani. “Sarebbe interessante – ha proseguito Martin parlando al Foglio – capire che cosa rappresenta oggi la sua figura per la chiesa anglicana. Le questioni da lui poste sono attuali per tutti”. Questa beatificazione è un altro sprone di Benedetto XVI al mondo moderno a domandarsi dove stia andando senza Dio, aggiunge Martin, che finisce la sua chiacchierata con il Foglio parlando della paternità del Papa nei confronti degli irlandesi: “La sua è una paternità che ci fa riflettere. E’ un uomo che ci pone delle domande e ci accompagna a trovare le risposte”.
La presidente d’Irlanda, Mary McAleese, domenica al Meeting ha detto che le vittime delle violenze sono state “rubate al Dio che cercavano”. Martin è rimasto colpito da questa frase: “E’ vero. Molti parlano di Dio, ne sentono il bisogno, ma non lo trovano: questo deve fare riflettere innanzitutto la chiesa su come si struttura e come evangelizza”. I giovani irlandesi sono i più catechizzati d’Europa e i meno evangelizzati. “Per questo dico che servono atei e cristiani maturi”. La lettera che Benedetto XVI ha inviato ai cattolici d’Irlanda dopo lo scandalo pedofilia sta dando i suoi frutti? “E’ un punto di partenza, ma solo questo. E’ una lettera che fa parte di un processo in atto, ma i problemi della chiesa d’Irlanda sono problemi creati in Irlanda e che devono essere risolti in Irlanda”.
Il Foglio, 25 luglio 2010.
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